Non eri Einstein. Non eri niente.”
(C.Kaufman)
Mentre a Barcellona arrivava il piccolo Leo Messi, a Milanello si fanno incantare dalle capacità circensi (palleggia tenendosi sollevato sulle mani) di un 11enne che gioca nel Club Almirante Brown, tale Leandro Depetris.
È Franco Baresi a portarlo al Milan. Dopo averne ammirato le qualità in un video, lo porta a Milano per un provino di 10 giorni, al termine dei quali, il Milan si decide di prendere il fenomeno in erba.
Depetris passa due anni nelle giovanili del Milan, ma in realtà non si è mai ambientato.
Tornato in Argentina, si accasa nelle file del River Plate. Dopo qualche anno, in un’intervista al Clarin dichiarerà che nell’esperienza italiana fu soprattutto la fama a nuocergli, infatti, era sempre vittima di calcioni da parte dei coetanei.
Quando i tifosi del River aspettano l’esordio del nuovo fenomeno tra i professionisti, ci pensa il presidente del Brescia Corioni a far ritornare il ragazzo in Italia nel gennaio del 2006.
Il talento di Rafaela, passa diversi mesi nella primavera di Luciano De Paola, prima di essere scongelato per l’ultima giornata di campionato. In un’inutile Crotone – Brescia, 4-2, Depetris sigla uno dei due gol lombardi. Un predestinato, peccato solo per rivederlo in campo bisogna aspettare l’arrivo sulla panchina bresciana di Serse Cosmi. Finalmente Depetris si mostra per quello che è, un ragazzo molto volenteroso, ma scordiamoci il fenomeno visto da Baresi, l’argentino si dimostra un mediano che supplisce alla mancanza di un fisico non proprio da corazziere (167cm per 69kg) più con grinta e abnegazione che con la tecnica.
Scopro dell’esistenza di Diego Armando Maradona Jr. nel lontano 1996. Il mio coetaneo è ritratto in azione con la maglia dell’argentina, in un trafiletto di una rivista calcistica.
Con un nome così, trovargli un posto nelle giovanili del Napoli non è un problema.
Maradonino passa 8 anni nelle giovanili partenopee, arrivando fino alla primavera. I media tornano a parlare di lui (per fatti calcistici), quando nel 2001 convocato dall’Under 17 allenata da Rocca, affronta a Coverciano l’Italia di Trapattoni sfiorando il gol su punizione.
Accortosi forse che l’esordio in prima squadra non era proprio dietro l’angolo, cede alle lusinghe del Genoa di Preziosi che vuole puntare sui figli d’arte Zenga (discreto centravanti a livello giovanile) – Maradona per la primavera del Genoa. Anche l’esperienza a Genoa dura poco, infatti, dopo 4 mesi rescinde il contratto per accasarsi nelle file dei dilettanti del Cervia, squadra conosciuta in tutta Italia perché protagonista di un reality. Al Cervia si nota solamente per un infortunio ad un ginocchio.
Da allora gira l’Italia passando dall’eccellenza ai dilettanti, senza lasciare grandi ricordi da nessuna parte, ma adattandosi perfettamente alla panchina come un novello Leonard Zelig. Mentre alcune infondate voci lo vogliono vicino ad un provino con il Valencia, lui si dice felice di poter giocare per i dilettanti molisani del Venafro.
È l’unico che può vantarsi di essere il vero erede di Maradona (perfino la magistratura ha voluto dire la sua sulla questione), recentemente c’è stata anche duna riappacificazione con il padre, e sono anche arrivati i soldi, e lì ha capito la fortuna di chiamarsi Maradona e non Scugugia.
Vincenzo Sarno ha 11anni, quando un osservatore del Torino lo nota tra le file della scuola calcio “Gaetano Scirea” di Secondigliano. Temendo forse di essere anticipata, la società dell’allora presidente Vidulich si accaparra il baby fenomeno per la cifra mostre di 120milioni di lire.
I media ci sguazzano. Il piccolo Vincenzino finisce ospite della Carrà, e persino di Bruno Vespa a “Porta a Porta”, dove si esibisce in uno scambio di palleggi con campioni come Batistuta.
L’esperienza di Sarno a Torino dura solo qualche mese; scontri tra la società granata e i genitori del ragazzo, lo fanno ritornare a Napoli.
Qui passa tre anni nell’anonimato, grazie anche ad una squalifica di 13 mesi, inflittagli per non aver lasciato il campo dopo un’espulsione. Nell’ottobre del 2002, quando il ragazzo ha compiuto i 14anni che ne permettono il tesseramento, la Roma guidata nel suo settore giovanile da Bruno Conti, lo ingaggia, dopo averlo fatto allenare in gran segreto a Trigoria per qualche settimana.
Sembra che a volerlo sia stato l’allora direttore generale giallorosso, Fabrizio Lucchesi.
Il rapporto con la Roma termina dopo circa 3 anni, per motivi mai del tutto chiariti.
Quando sembra vicino il suo approdo al Napoli, Sarno viene ingaggiato dalla Sangiovannese.
In Toscana, l’ormai ex bambino prodigio, viene lasciato tranquillo nelle giovanili della squadra. La società pensa anche ad un suo eventuale futuro lontano dal campo, e lo fa ritornare tra i banchi di scuola che aveva precipitosamente lasciato in vista di un futuro da fenomeno già scritto. Nel 2005 arriva il tanto atteso debutto tra i professionisti. La Sangiovannese, militante nel girone B della C1, disputa una grande stagione sotto la guida di Piero Braglia.
L’allenatore della squadra di San Giovanni Valdarno, centellina le apparizioni di Sarno, che ha però la gran gioia del primo gol da professionista, su punizione contro il Foggia, e l’opportunità di poter giocare contro il Napoli. Quello che sembrava l’inizio di un gran sogno, si rivela essere l’inizio del tracollo.
La stagione seguente, infatti, con la Sangiovannese in grave crisi, per lui non c’è spazio e a Gennaio finisce in prestito nel derelitto Gilulianova, in pratica già retrocesso in C2 a gennaio e che chiuderà la stagione con soli 12 punti, a più di 20 distanze dalla penultima. In Abruzzo, in una squadra miserabile, Sarno non lascia alcun ricordo del suo passaggio.
Nell’estate del 2007 torna alla Sangiovannese, dove, però continua a non giocare.
A novembre torna a far parlare di se quando a Varese, nel corso dell'International Challenge Trophy, con due gol permette all’Italia Under 20 di serie C di battere 4-2 il Galles Under 23.
È del 29 dicembre 2007, la notizia della rescissione consensuale del contratto tra Sarno e la Sangiovannese. L’ ex bambino prodigio si ritrova a dover iniziare nuovamente la ricerca verso un futuro da calciatore.
Dotato di vero talento purissimo, Sarno ha la sfortuna di avere un fisico (167 cm per 64 kg) impresentabile nel calcio moderno, e che forse ne impedirà la carriera nelle massime serie.
Quello di Ariel Huguetti, è certamente il caso più clamoroso dei quattro che vi propongo.
Cresciuto nelle periferie di Buenos Aires, unico figlio maschio di 5, di Norma, una casalinga e di Adolfo autista di mezzi pubblici, cresce con la passione per il calcio. Leggenda vuole che il giorno del suo settimo compleanno, gli vengano regalate le sue prime scarpe da calcio e che, novello Oliver Hutton (Tsubasa Ozora che sia) voglia dormire con esse.
Ha solo 14anni quando dal Barrio Billinghurst, il suo nome inizia a circolare per tutto il mondo.
Per giocare non deve muoversi più di tanto, a Billinghurst infatti trova spazio una filiale del Boca.
È proprio tra le file della squadra del suo Barrio, che Ariel viene notato dagli osservatori di mezzo mondo. All’epoca si dice che per lui il Barcellona sia pronto ad offrire quasi un miliardo.
Subito esce la notizia che il Real Madrid il miliardo vorrebbe pure superarlo pur di accaparrarsi il fenomeno argentino.
In Italia si dice ovviamente che lui preferirebbe venire da noi, in quanto di origine piemontese.
Per lui si muove perfino Maradona, che intervenendo telefonicamente in una trasmissione televisiva, cerca di consigliarlo sul suo futuro. Anticipando di diversi anni Ibrahimovic, durante una festa di beneficenza organizzata dall'UNICEF, tocca il pallone per seicento volte di seguito senza mai farlo cadere, si fantastica anche sui lanci millimetrici che partono dai suoi piedi e sulle sue capacità al tiro.
Ariel decide però di restare in Argentina. E qui cala il mistero su Ariel Huguetti.
Di Huguetti che oggi dovrebbe avere circa 21anni (età in cui in Argentina sei pronto per il salto nel calcio europeo), non si hanno più notizie da allora. La leggenda sul Maradona del Barrio di Billinghurst sembra essere nata e morta lì, quasi nello spazio di 90 minuti.
Ci sono tanti altri casi (anche più tragici) ma che con il calcio non hanno niente a che fare, e poi mi sono voluto fermare a casi che avevano il loro imprinting, nel paragone con El Pibe de Oro.
PS. Chiunque abbia notizie utili per il ritrovamento di Ariel Huguetti, le può fornire (anche in forma anonima) in questo topic.
'El Diego y Ariel, uno solo. Suerte 10'
![Image](http://www.lanacion.com.ar/anexos/imagen/00/17730.jpg)