Re: Profondo Baseball

Il Punto d'incontro dei Fans MLB di Play.it USA
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joesox

Profondo Baseball

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Topic di racconti (veri o inventati) sul baseball.
Aneddoti, storie. Anche “rubate” da altri siti.

Niente statistiche, niente SABR.
No ai membri dei Front Office delle franchigie, ai dirigenti, a chi parli di milioni di dollari. Pochi numeri, pochi riferimenti alla razionalità.

Siamo quelli del baseball romantico. O almeno pretendiamo di esserlo.
Siamo quelli di Nomar, tradito, e scambiato tre mesi prima che si realizzasse il sogno più grande della sua vita. Ettore, l’eroe tragico.

Talvolta si racconta per creare silenzio, talvolta per insegnare qualcosa, talvolta per far sorridere. Oggi nessuna delle tre.
Scrivo con la presunzione di spingere a scrivere anche altri.

Coraggio! 
A me e a voi.
Vediamo cosa viene fuori…


Racconto numero 788604

Shawn aveva 10 anni. Presero il treno da Lynn.
Cambiarono alla North Station e presero la T. Era uno di quei vecchi vagoni verdi. Arrivarono a Kenmore Suqare.
Era presto, ma volevano vederli battere nell’allenamento pre-partita.
Comprarono un pacco di arachidi, due hot dog, due soda.



Roger Clemens stava lanciando fastball dopo fastball.
I battitori dei Mets non riuscivano a fare contatto.
Era quella di New York una squadra fortissima, sia sul monte che al piatto.
Ma i Red Sox erano pronti.



Una nebbiolina fatta di piccolissime goccioline che ti penetrano nelle ossa.
Sono le sette, siamo ormai svegli da più di due ore. Un po’ il fuso orario, un po’ l’emozione.
Prendiamo la T. Scendiamo al Government Center. È già pieno di gente.
Facciamo un paio di telefonate.
Dove siete?
Al Kinsale.

---

Shawn racconta la sua storia.
Erano all’ultima partita della stagione ed appena vinsero il papà di Shawn gli disse: “Resta qui, non muoverti, vado a comprare i biglietti dello spareggio.”
Dopo mezz’ora papà non era ancora tornato e Shawn iniziava a preoccuparsi.
Si avvicinò uno steward: “Ehi, ragazzino, che ci fai qui da solo? Stiamo per chiudere.”
“Aspetto papà. Ha detto che andava a comprare i biglietti per lo spareggio.”
“Ok, lo so dove sono, ti accompagno io.”
Non dare la mano ad uno sconosciuto…ma è uno steward di Fenway.
Si incamminano.
“Eccolo là!”
Shawn corre incontro a papà, che sta sollevando il braccio destro alto sopra la macchina.
In mano stringe due pezzi di carta.


Era finita, praticamente vinta.
Due out, due punti avanti.
Poi tre singoli venuti dal nulla.
Poi Bob Stanley.
Poi il lancio pazzo. O la palla mancata.
Rich Gedman.
Pareggio.


Il carosello passa verso mezzogiorno.
Usciamo dal pub.
Un rumore assordante.
Immagini veloci, piene di colori e goccioline.

---

Shawn sapeva che c’era ancora una possibilità.
Ok, Bucky aveva fatto un danno forse irreparabile.
Ok, Zimmer aveva fatto le sue cagate.
Ma c’era Burleson in prima, Remy al piatto, Rice on deck, Yaz in the hole.
Remy, Rice e Yaz…i tre giocatori favoriti di Shawn, li aveva nelle figurine, 1-2-3, sul comodino.
Remy, Rice e Yaz. Uno dopo l’altro.
Avrebbero segnato uno, due punti, avrebbero vinto.
Remy batte un singolo a destra, Burleson corre, ma deve fermarsi in seconda.
Ecco Rice.
Jim Rice, boom, legnata a destra – profonda, ma non abbastanza, Burleson tocca e va in terza, punto del pareggio, Remy in prima segnerebbe il punto della vittoria.
Yaz.
E’ un segno del destino.
Il numero otto xche vince la partita.
Yaz.
Yaz battè una candela alta verso la terza base.



La palla gli passò tra le gambe.
Incredibilmente Mookie corse a casa per il punto del 6-5.
Coma.
La morte venne due giorni dopo.
Dopo la pioggia.



Damon coi capelli lunghi.
Pedro. Dal vivo, lì a pochi metri da noi.
Lowe con collane colorate al collo.
Manny con un cartellone JETER IS PLAYING GOLF TODAY. THIS IS BETTER.
Ci sono tutti.
La gente impazzisce. Sventola cartelloni. Bandiere. Urla. Piange. Si commuove.
Quattro, cinque, sei, sette file di persone, impacchettate contro le transenne.
Resto qualche metro distante, dietro la folla, per guardare la scena in panoramica.
Scatto meccanicamente delle inutili foto.
Poi abbasso la macchina, resto con le braccia alzate, lo sguardo fisso, intorbidito, vedo El Tiante, lo guardo lassù sull’autobus, mi guarda, credo, ci sorridiamo?
La Guinness ci scorre in corpo.
La Guinness che ci scorre in corpo ci ha annebbiato.
Dove andiamo.
Abbiamo fame.
Dopo tante Guinness Shawn propone un Captain Morgan.
Siamo al Black Rose? Credo. Irish pub. Non ci importa dove.
Siamo nel cuore di Boston.
Un cuore che sta pulsando, non ha mai pulsato così forte.
Volevamo essere qui proprio oggi.
Dentro la catarsi collettiva.
Ci siamo.
Mangiamo (anche) e Shawn se ne va.
Stasera lui e la moglie, Anne, andranno ad un Halloween Party.
Anne e Shawn hanno avuto il secondo loro bimbo nell’aprile 2005, quando hanno consegnato gli anelli.
Congratulazioni!

E adesso?
A Fenway, ovviamente.
La sagoma amica del mostro verde.
Incontriamo Wally di nuovo.
Lei invece è Sally: “Heeeeeey! You guys are awesome, awesome!”
“We know, we know…”
Che confusione.
Ci perdiamo.
A qualche ora rientriamo.
Eravamo tre milioni.
Tre milioni che adesso stanno tornando a casa.
Assenzio
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Re: Profondo Baseball

Post by Assenzio »

Bell'idea. Allora mi fregio di postare una storiella in tre puntate che avevo scritto io anni fa per i miei conmpagni prima, durante e dopo l'accesso nei playoff della mia squadra di allora. Praticamente inviavo le puntate per e-mail ai miei compagni di squadra prima della prima giornata di playoff, prima della seconda e dopo...la disfatta.
Ho rubato le formiche del prof. Pepper e le ho affibbiate ai compagni di squadra. Non è scritta bene, però è simpatica anche se sicuramente da fuori alcune cose forse non saranno chiarissime.
Vabbè...siamo quelli del baseball romantico (cit.)
Last edited by Assenzio on 01/02/2008, 11:30, edited 1 time in total.
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Assenzio
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Re: Profondo Baseball

Post by Assenzio »

                                                                    FALCONS SAGA pt. 1

…E fu così che i Falcons raggiunsero i playoff.
Era stata una stagione lunga e perigliosa. Quasi tutti accusavano segni di cedimento: il Gatto (che le fans si ostinavano a chiamare Strafigo) aveva mani e piedi logorati (non era un buon momento per drag bunt e rubate), il fuoriclasse Alemae da un po’ non riusciva a far registrare le velocità  che lo avevano reso celebre agli occhi degli scout che avevano raggiunto Rivabella da ogni angolo delle terre emerse, la Garagolla non batteva più di due o tre valide a partita (invece delle sette-otto di prima), il troppo sesso aveva logorato la schiena dell’inossidabile Gramella (fino a quel momento indiscusso dominatore dei mounds), e Marquero (alias Vecchio Cane) cominciava a farsi forza ricordando a se stesso la celebre massima coniata da Pete Rose “Sono ancora in divisa? Allora non mi sono ritirato”. Questi erano solo alcuni dei tanti guai che stavano attanagliando i Falcons nell’ultima parte di stagione regolare ed il nervosismo cominciava a prendere il sopravento (qualcuno, durante l’ultima partita, persa indecorosamente, aveva addirittura sentito il Tavernello svergognare il Rukone perché aveva osato battere mentre lui stava rubando.  Era davvero un brutto momento).
Però, proprio dopo quell’umiliante sconfitta, che aveva gettato tutti nello sconforto, ecco l’inaspettata notizia del manager Davez: “Il Matino si è arreso, siamo ai playoff!!”. C’erano pro e contro. I nostri eroi, non dovendo giocare contro il fanalino di coda Matino,  avevano evitato il rischio di perdere la faccia ma avevano poco tempo per prepararsi fisicamente e soprattutto mentalmente alla serie che li aspettava. 
Adesso dovevano pensare a tutto quello che era stato fatto per arrivare a giocare quelle partite ed a concentrarsi. Quasi sei mesi prima il campionato era iniziato sotto la pioggia e sarebbe finito sotto la pioggia. 
La stagione era iniziata in una palestra di periferia, alcuni ottimi elementi avevano lasciato la squadra ma l’attento General Manager, dopo un inverno incollato al telefono, era riuscito a rimpiazzarli degnamente. Si era infatti assicurato i servigi di un orco che si era dato al beach volley ed al condizionamento d’aria (chissà perché, quasi subito ribattezzato Tavernello o Samanello) e di un simpatico disc-jockey sammarinese che nonostante fosse stato assunto per ricoprire il ruolo di lanciatore si era presentato al primo allenamento con sette mazze nuove di pacca. Successivamente sarebbe stato acquisito anche tale Gamba, che non aveva potuto frequentare la preparazione invernale perché intento a fermare i cingoli (!??!).
Strano gioco il baseball, l’aveva capito tanti anni fa anche il Sig. Albert Einstein che dopo aver visto una partita aveva affermato: “Voi mi spiegate il baseball ed io vi spiegherò la relatività. No è inutile,  imparereste la relatività molto prima che io impari il baseball”. Ma il G.M. Marino aveva le idee ben chiare ed era sicuro delle proprie scelte; il difficile sarebbe stato spiegarle al Vecchio Signore che di lì a poco sarebbe arrivato da Long Island.
Già in quel periodo girava la voce che i rivali del  Santarcangelo avessero allestito una compagine imbottita di giocatori provenienti dalla A1, gente che girava doppi giochi fulminei e che aveva medie battuta che facevano girare la testa. Si diceva anche che il Marina di Ravenna avesse ingaggiato dai dieci ai quindici sudamericani con passato di triplo A.
I Falcons invece avevano la “squadra”, e questa sarebbe sufficiente, solo che ancora loro non lo sapevano.
L’avvento del Landolfi (un allenatore terrone che aveva fatto fortuna spacciandosi per americano) non fu semplicissimo per i nuovi arrivati che ebbero da subito alcuni screzi col vecchio, il quale si vantava di aver tenuto in panchina (probabilmente nell’ante guerra) anche tale Rich Aurilia (terrone come lui); non fu facile neppure per la rookie league ed in particolare per il giovane Cino (Recoba?!?!) al quale era stato promesso che avrebbe lanciato due inning a partita (n.d.r. nessuno ha mai saputo chi proferì tali sconcerie). Del resto al  Tavernello non andava giù di doversi sorbire lezioni private di battuta ed il DJ non era proprio contento della prospettiva di tirare tre inning a settimana nel ben o nel male (però era utilissimo come interprete).
La filosofia però era chiara ed aveva fatto la fortuna dei Falcons negli ultimi anni: “non pe  meee, non pe tuuu, pe squaada!!”. Peccato che il Landolfi parlasse una lingua meno comprensibile di quella di Spino e suo padre Enzo.
La stagione iniziò nel migliore dei modi, con una vittoria ed un fuoricampo del Samanello. Molto bene per coloro che, per arrotondare, misero in piedi un giro di scommesse sul numero dei fuoricampo che l’orco avrebbe totalizzato da lì alla fine (alcuni pazzi ne pronosticarono ben 10).
Anche la doppia vittoria sul Pesaro (super favorito) galvanizzò i nostri eroi che nella giornata precedente erano stati battuti dal Cupra Montana (che si sarebbe rivelato il loro portafortuna). Intervistato da un giornalista tale Escobar dichiarò: “battere i lanci di Alemae è come bere il caffè con la forchetta” (non che avesse avuto molta più fortuna con gli altri pitchers dei Falcons, solo una dormita del Gatto  - come sempre ubriaco - gli permise di totalizzare un 1 su 24).
I ragazzi cominciavano a credere nei loro mezzi e le squadre avversarie non si capacitavano di come i Falcons riuscissero a rimanere in vetta alla classifica o giù di lì. I titoli cominciavano a sprecarsi: “Staffetta Zafferani – Maestri intoccabile” “I Falcons non conoscono ostacoli” “I Falcons danno il Benvenuti” “I Falcons sono gay ed hanno tutti la mononucleosi”.
Ogni partita conosceva protagonisti diversi. A differenza delle altre formazioni i Falcons non avevano uno o due giocatori che facevano la differenza, ma avevano la “squadra”, era sufficiente e adesso lo sapevano. Giocavano insieme, vincevano insieme e bevevano insieme. Quando non giocavano insieme, perdevano insieme, e bevevano insieme uguale!!! Sapevano di poter contare uno sull’altro e sapevano di doverlo fare per portare a casa il risultato. Ed  risultati continuavano ad arrivare.
Queste le dichiarazioni che i ragazzi cominciarono a rilasciare sulle testate sportive:
- Il  DJ: “Il segreto del mio successo sono vita moderata ed esterni veloci”;
- Il Samanello : “Sono un battitore talmente forte che mi danno la base intenzionale anche in batting practice”
- Alemae. “Figliolo, che tipo di lancio ti piacerebbe mancare?”
- NarcoMazza (Mr. No): “La testardaggine è solitamente considerata un difetto, ma penso che nel mio caso sia un pregio”
- Garagolla: “Sono uguale a chiunque. Ho due braccia, due gambe e quattromila valide”
- Garanzia Gramella: “La mia filosofia di lancio è semplice. Tieni la palla lontano dalla mazza”
- Tommy Ianni: “ I dottori hanno fatto i raggi alla mia testa e non hanno trovato niente!”
- Simoni: “Del protestare ne faccio questione di vita, ma due cose sono contro di me: gli arbitri e le regole”
- Gatto: “Non cerco di infrangere le regole, ma solo di testarne l’elasticità”
- Spino. “Quando sono stato a Matino, gli asciugamani dell’albergo erano così grossi che sono riuscito a malapena a chiudere la valigia”
- Steve. “Le corsie delle basi appartengono a me, il corridore. Le regole mi danno il diritto. Vado sempre verso il sacchetto a piena velocità con il piede proteso e gli spikes affilati. Se il difensore se ne sta dove non deve essere e si fa male è colpa sua”
- Marquero: “Giro alla grande con tutta la potenza che ho. Colpisco alla grande o sbaglio alla grande. Mi piace vivere alla grande”
- Bacchini: “L’altro giorno mi hanno chiesto un parere sull’utilità di test obbligatori per il doping. Ho detto che è un sacco di tempo che credo in questi test, quest’anno ho testato qualunque cosa!!”
- Amandi: “Ogni tanto abbiamo delle brutte giornate in campo; io non le porto mai con me, le lascio sempre in un  bar sulla via di casa”
- Ivano, oramai sicuro di sé: “ Il lanciatore ha solo una palla, io ho una mazza, sicchè la percentuale di armi è a mio favore e lascio che sia il tizio con la palla a preoccuparsi”
- Il capitano Freny, sicuro del suo sex appeal e delle sue qualità di battitore: “Le statistiche sono come i bikini mostrano un sacco di cose, ma non tutto”
- Gamba nell’intento d’insegnare qualcosa a Cino: “Prendi la palla e tira dove vuoi che vada. Tira strike, il piatto non si muove. No alla palla orizzontale!!!”
- Cino. “Sto lavorando su un nuovo lancio, è chiamato strike”

Ogni tanto però si montavano la testa e li iniziavano i problemi. Ci fu anche un momento di buio totale: cinque sconfitte di fila tra Pesaro, Cupra e Longbridge. E fu lì che si resero conto che la diritta via era smarrita.
Anche in questo caso però fu il Landolfi (che ormai aveva imparato a farsi voler bene da tutti) a rincuorare il gruppo: “No prublem pe me, quando tu gioca insieme, tu miliore con tutti!!!”. Ed i risultati tornarono.
Anche dopo la partenza del Vecchio la squadra continuò a girare per il verso giusto, ed il Davez, promosso a Head Coach proseguì nel lavoro impostato dal Landolfi, rimbrottando chi alzava la cresta a sproposito (memorabile una sfuriata in quel di S. Marino che rimarrà nel cuore di tutti i fans) e richiamando all’ordine quando non si giocava con la giusta mentalità.
Ora però a pochi giorni dalla prima partita di Playoff ognuno sapeva alla perfezione qual era il suo ruolo all’interno del gruppo e cosa doveva fare per dare il proprio contributo. Tutti si ricordavano i sacrifici fatti per arrivare a giocare quelle gare, le soddisfazioni, e le amarezze. I Falcons non erano ancora paghi, volevano testare le proprie possibilità contro una squadra con cui i bookmaker li davano sfavoriti.
Del resto ci erano abituati, non si erano dimenticati di quando in quella palestra di periferia, girava voce che Santarcangelo, Pesaro, Cupra e Marina di Ravenna fossero più forti.
Ed arrivò il 25 Settembre. Gara 1 stava per cominciare…

TO BE CONTINUED…
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                                                                          FALCONS SAGA pt. 2
Judgement day

…Pioggia doveva essere e pioggia fu.
Il giorno prima, gli Dei del baseball decisero che tutti dovevano sapere che il 25 Settembre sarebbe stato il giorno del giudizio.  In realtà era tutto già scritto, dal momento che uno dei protagonisti di quella disfida sarebbe stato Garagolla, il prediletto, colui che loro avevano regalato al genere umano: il figlio degli Dei.
E su tutta la penisola italica si scatenò l’uragano.
La mattina del 25 coloro che avevano avuto la fortuna di superare la notte, uscirono di casa circospetti, non avevano mai assistito ad un temporale così, e speravano di non rivivere momenti di tale terrore. Al contrario i ragazzi del Padule (la squadra che avrebbe affrontato i Falcons) erano tranquillissimi e partirono fieri alla volta di Rivabella, sicuri di farsi una passeggiata di salute e fare bottino pieno in trasferta. Del resto erano dei fenomeni e sapevano di esserlo.
La bufera non aveva risparmiato il Falcons Home, che era disastrato. Questo non piacque al Samanello che appena arrivato al campo ritenne che quel giorno non si sarebbe giocato e se ne andò borbottando. I suoi compagni di squadra erano dello stesso avviso, ed a qualcuno non sarebbe dispiaciuto posticipare di un giorno l’incontro, soprattutto dopo aver visto gli avversari del Padule che al contrario erano carichissimi e pieni di sè. Il GM Marino invece, per nulla scaramantico, pensò che il match si sarebbe potuto disputare anche in un’altra arena, e, di concerto con il Presidentissimo Crociati, scelse il famigerato Stadio dei Pirati di Rimini. Avrebbe potuto far cadere la propria scelta su qualsiasi stadio della regione, quell’anno i Falcons erano l’unica squadra della zona a disputare i Playoff (n.d.r. ma che tte lo dico a ffare!!).
All’arrivo allo Stadio il clima che si respirava era diverso, i ragazzi iniziarono lentamente il riscaldamento tra una risata e una battuta, tentavano grossolanamente di celare la tensione, volevano ben figurare ma non erano più così fiduciosi come alla vigilia.
Cercando di scaricare le responsabilità tutti si chiesero dove fosse finito l’orco Samanello. Non capirono il perché della sua dipartita fino a pochi minuti dal play ball quando qualcuno distrattamente  buttò un occhio al calendario: era sabato, e sabato è giorno di catechismo. Il Tavernello dopo aver abbandonato contrariato il campo dei Falcons, non avendo di meglio da fare, aveva ragionato sulla vita e sul perché del maremoto del giorno prima, giungendo  alla conclusione che la Fede è una cosa seria; e Fede pensò bene di accompagnare il figlioletto alla settimanale lezione di dottrina cattolica.  “Poco importa della gara – disse fra sé e sè- non vado di fretta, tanto non possono iniziare la partita senza di me”.
Davez decise che si poteva iniziare.
Nel ruolo di esterno destro venne quindi schierato Mr. No Sadomazza che alla vigilia sembrava dovesse ricoprire il ruolo di battitore designato, avendo vinto il ballottaggio con il Rukone, che si era già trovato un posto comodo in panchina. Non fu però una cattiva scelta, infatti Mr. No era prontissimo già da ore al match, e non vedeva l’ora di cominciare.  Alla fine sarebbe stato uno dei pochissimi a non demeritare: un paio di valide e un punto battuto a casa.
Altra mossa a sorpresa del coach fu la decisione di schierare Alemae come partente, invertendo la staffetta delle meraviglie Zafferani – Maestri. Davez però aveva le idee chiare, i lanciatori a sua disposizione erano originari di ogni dove; il Dj era di San Marino, Gramella e Cino di Viserba, Simoni di Monte Scudo, ma solo Alemae veniva da Marte. Fu lui a condurre la partita per i primi sei  inning, ma la squadra non lo seguì.  Pochissime battute valide e mai nei momenti importanti; fino all’inizio del settimo inning quando l’arbitro ricordò ad Alemae che era ancora troppo giovane per fare tardi la sera, e gli disse che era giunto il momento di tornarsene a casa. Quando scese dal monte i Falcons conducevano di una sola lunghezza ed i giocatori del Padule tirarono un sospiro di sollievo: avevano subito diversi strike out, ma nessuno si era fatto male.
Il Dj fu il rilievo designato e non poteva essere altrimenti vista la varietà di lanci a sua disposizione. La sua arma più micidiale era la Knuckleball, che aveva imparato a lanciare durante un estate passata a Detroit (aveva imparato a lanciare Knuckleball ed a schivare proiettili). Controllava molto bene quel tipo di lancio e ne andava orgoglioso, il pitching coach che glielo aveva insegnato gli aveva confidato in gran segreto: “Esistono solo due modi di battere le knuckleball, sfortunatamente nessuno dei due funziona”. L’estate trascorsa a Detroit era però quella dell’84, e vent’anni dopo il Sig. Neri del Padule aveva messo a punto una terza teoria per battere quel lancio.
Quando se lo vide arrivare si allacciò le scarpe e girò la mazza.  La pallina, sulla quale le hostess stavano servendo degli aperitivi, volò così in alto che tutti e nove i giocatori in campo urlarono “mia!” Ancora oggi nessuno sa dove sia atterrata.
Durante lo stesso inning i Falcons, che dovevano assolutamente cambiare passo, avevano gettato  nella mischia il Tavernello, chiamato a sostituire il Marquero, che si ritirò nella club house a seguire tristemente gli ultimi aggiornamenti di Sport Center e non proferì più parola sino al giorno dopo. L’orco però non si era capacitato dell’esclusione iniziale e ci stava ancora riflettendo quando un lungo line drive venne scagliato dalle sue parti; lui però, non avendo trovato soluzione al dilemma, decise di continuare a pensarci su e non si curò della pallina che finì contro la recinzione.
Alla fine di quell’inning il punteggio da 2 – 1 si era magicamente tramutato in 2 – 5 e alla fine dell’8° in 2  - 7.
Mentre i Falcons erano in battuta (si fa per dire), dal Dug out si alzò prepotentemente un losco bambinone; si trattava di Cino che, con fare spocchioso prese per il coppetto il giovane ricevitore Jakie e lo portò di peso nel bullpen. Cino aveva deciso che sarebbe salito sul monte all’ultimo inning per dare un senso alla partita e alla sua vita.
Finito il warm up Jackie corse entusiasta verso il Davez esclamando: “Non uso mai il guantone per ricevere Cino, di solito mi basta un Klinex, oggi me ne sono serviti due, fallo scendere in campo!!”….E così fu. Cino entrò a lanciare ed ottenne la sua miglior prestazione dell’anno: solo due punti subiti in 0.2 inning lanciati. Mitico!!! Il Cino abbandonò il campo pieno di sé, credette di essersi guadagnato il rispetto dei compagni di squadra e non si immaginò neanche lontanamente di quello che lo avrebbe aspettato durante la trasferta in pullman della settimana ventura.
I Falcons però avevano perduto ed abbandonarono lo stadio rapidamente ed a testa bassa senza commentare la partita, come se non ne avessero mai preso parte.
Un giornalista del Gotham Gazette riuscì a stento ad intercettare il Davez che tristemente commentò: “Non siamo quasi mai riusciti a raggiungere la prima base, oggi l’unica tattica che ho potuto adottare è stata quella di starmene seduto in panchina e dare specifiche istruzioni del tipo: “Andiamo Gargo, Spaccala Steve o Forza Gamba”. Il Dj che non aveva molto di cui rallegrarsi, riuscì però ad essere autoironico ed allo stesso giornalista dichiarò: “ Oggi i miei migliori risultati li ho ottenuti lanciando la mia palla migliore ed andando a coprire il cuscino di terza”.
Quel giorno era mancato qualcosa…e qualcuno. Era mancato Luchino.
Luchino, un ragazzino talentuoso che militava nelle giovanili, era stato per tutto l’anno la mascotte dei Falcons, e dava una mano come bat boy, consapevole del fatto che come in ogni buona famiglia anche nei Falcons un giorno i piccoli avrebbero preso il posto dei grandi (cosa che non avrebbe mai capito Tommy, che grande non sarebbe mai diventato). Luchino non aveva mai visto la sua squadra perdere, ogni volta che si era presentato in panchina i nostri eroi avevano vinto. Ma quel giorno non era stato invitato, gravissimo errore. Fu per questo che Ivano si incollò al telefono implorando la sorella di Luchino (della quale un tempo era stato perdutamente innamorato ed alla quale aveva anche vomitato addosso) di portarlo in campo per gara due. Monica (questo era il nome della fanciulla) non aveva ancora imparato a dire di no ad Ivano, ed avrebbe esaudito quell’ultimo desiderio.
La notte fu travagliata un po’ per tutti (del resto ogni volta che calavano le tenebre c’era il pericolo che qualcuno finisse in galera). Il capitano Freny però non si era dato per vinto e credeva ancora nel suo esercito; decise pertanto di dare una scossa alla squadra e nel tentativo disperato di risollevarne il morale inviò ad ogni compagno un dispaccio telematico i cui passi più importanti recitavano: “Non demoralizziamoci la strada è lunga…giochiamo più di squadra…battiamo i fenomeni!!”
Scelsero di essere pazienti ma aggressivi.
La mattina successiva Gramella si presentò in campo con tutta calma  e decisamente sicuro di sé, il Samanello  si presentò in campo ancora innervosito per “il diverbio del catechismo”, Steve si presentò in campo sovraccarico come sempre, il Gatto si presentò in campo come se avesse appena visto il diavolo (successivamente comprese di aver visto in realtà una vedova bianca), Freny si presentò in campo con un preservativo nero in testa, ed anche Luchino si presentò in campo.
Ma la cosa più curiosa fu vedere il Coach Davez presentarsi in campo con una scacchiera; di lì a poco tutti avrebbero capito.
I tifosi del Padule iniziarono ad appendere solennemente i propri stendardi, mentre quelli dei Falcons presero posto in tribuna quasi timorosi di invadere il territorio che il giorno prima il Padule aveva conquistato.
Gara due era appena iniziata quando Davez iniziò a giocare la sua personalissima partita a scacchi: Gramella sarebbe stato il suo re mentre gli avversari dei semplici pedoni, inutili comparse che avrebbero assistito impotenti al ritorno dei Falcons ed allo show del Bottegonone tenuto consapevolmente a riposo in gara uno per esplodere quel giorno. Al GM Marino che gli aveva chiesto il perché di quell’avventata decisione presa la giornata precedente, il Davez aveva risposto: “Fare il manager e gestire la partita è come aver una colomba tra le mani. Se la stringi troppo la uccidi ma se non la stringi abbastanza ti scappa”.
Il gioco di small ball dei Falcons prese il sopravvento ed i singoli lasciarono il posto alla squadra così come preteso dal Capitano, che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di contraddire. Non ci fu uomo in base che non fosse raggiunto da un segnale del coach di terza, ognuno fece la sua parte. Anche chi non fu chiamato a scendere in campo diede un fondamentale contributo. Sadomazza, che non fu schierato nella formazione partente, si apposto scaramanticamente assieme ad Ivano ed Amandi su una panchina posta sotto le tribune e dietro casa base. Non si mossero mai di lì e non permisero a nessun di avvicinarsi, ognuno avrebbe dovuto dare il suo contributo e tutti lo diedero.
Lavorare per costruire, come avevano fatto per tutta la stagione, creare occasioni di fare punti e muovere le pedine sulla scacchiera, il risultato sarebbe arrivato. 
A poco a poco anche la tifoseria diede una mano e così come in campo, anche sulle tribune i Falcons presero il sopravvento ed i pomposi vessilli del Padule vennero mestamente ammainati.
In attacco ed in difesa i ragazzi furono pressoché impeccabili. Le giocate di Steve sarebbero state certamente inserite nelle espn web gems della settimana successiva ed i Killer B’s (Benvenuti – Botteghi) concretizzarono quanto costruito sulle basi dai compagni.
Ogni volta che Fede si presentò in battuta gli interni avversari vennero colti da attacchi di panico, sapevano di essere in pericolo. Circa a metà partita la stupefacente Garagolla si presentò nel box di battuta con due eliminati e le basi cariche e guardando il cielo pensò: “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Da quel momento in poi il Padule non ebbe alcuna possibilità di controbattere ed il Davez iniziò a compiacersi di se stesso.
L’unica cosa che mancò fu la soddisfazione personale per il Marquero che dopo una potentissima legnata trotterellò maestosamente verso la prima base. Purtroppo l’esterno destro del Padule era talmente brutto che fece curvare la pallina in foul.
Gramella per nove inning diede dimostrazione che lanciare è l’arte di infondere paura, e tra l’ottavo ed il nono inning, ormai rilassato confessò al povero Bacchini. “Niente rende un pitcher più sicuro della vista dei suoi compagni che girano attorno alle basi”.  Bacchini, dal canto suo, era così estasiato dall’inaspettato dominio, che dimenticò di indossare l’uniforme, ed al momento di scendere in campo fece una figura degna del peggior rookie e rimase zzittone in panchina, sfottuto persino da Luchino, il quale anche quel giorno stava vedendo la propria squadra uscire dal campo vincitrice.
Dopo l’ultima eliminazione esplose il boato, tutti si abbracciarono e congratularono gli uni con gli altri. Questi erano stati i veri Falcons, ognuno aveva dato il massimo ed era stato indispensabile; chi in campo, chi in panchina, chi nei box dei suggeritori, chi a fare la tendensia (tu sei la mia!), chi sulle tribune.
E quando, dopo i festeggiamenti in campo, rientrarono nel dug-out, l’applauso che nacque spontaneo era dedicato proprio a tutti.

TO BE CONTINUED…
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                                                                        FALCONS SAGA pt. 3
                                                                      The Pride and the Team

…Quando si svegliò la mattina successiva si guardò distrattamente allo specchio e si accorse di essere ancora in divisa….  Si era ripromesso di non pensarci per un po’ ed accese il computer solo per conoscere chi sarebbero stati coloro che, in major league, avrebbero vissuto le sue stesse emozioni; il giochino era lo stesso, anche nelle big leagues ci sarebbero stati vincitori e vinti, festeggiamenti e delusioni. Diede uno sguardo alla posta e notò come la notizia aveva già fatto il giro del mondo; l’e-mail del Vecchio Landolfi non potè non far riflettere Marquero, che al ritorno a casa la notte precedente era stato immediatamente abbracciato da Morfeo (un suo amico switch hitter).
Come a lui, anche a tutti gli altri Falcons balzò subito agli occhi la sintesi suprema di un anno di lavoro, un lavoro che aveva dato i suoi frutti, nessuno avrebbe mai potuto negarlo: “Avete giocato con orgoglio ed avete dimostrato a molte persone che non dipendete da un solo giocatore ma giocate come una squadra”.
E la squadra ancora una volta si era dimostrata tale, in campo, in panchina, sulle tribune, sul pullman al ritorno da quella fantastica sfida, al momento di fare muro contro le scelte di chi, probabilmente, non aveva mai creduto che sarebbero potuti arrivare sino a quel punto. Si erano fatti forza l’un l’altro ed avevano superato molti problemi per dimostrare a molte persone che erano stati la migliore squadra che i Falcons avessero mai avuto. Erano stati la migliore squadra che i Falcons avessero mai avuto, contro tutto e tutti.
In realtà fino a due giorni prima nessuno sarebbe voluto arrivare a giocare quell’ultima partita, quella gara che in pochissimi in quello sport potevano vantarsi di aver disputato nella propria carriera, ad ogni livello. Fino al riscaldamento pre-gara il coro era stato unanime: “No alla quinta partita!!!!”.  Erano arrivati allo Stadio con questa certezza, (e la certezza di avere il rookie per antonomasia in squadra, quel Gianni che aveva avuto il coraggio di affrontare tre ore di viaggio in divisa e con la conchiglia – n.d.r. ROOOKIE!!!!) dopo una settimana tranquilla trascorsa senza eccessiva tensione, perché adesso conoscevano gli avversari e sapevano di potersela giocare alla pari, come avevano fatto nel week-end precedente, quando anche i fenomeni avevano dovuto riconoscere il loro valore.
Ma non fu così. Gli Dei del baseball decisero che avrebbero dovuto lottare fino in fondo, e tirare le somme alla fine, dopo la quarantesima partita dell’anno.
Per gara tre Davez decise di abbandonare esperimenti tattici dell’ultim’ora per tornare alla tradizione, il partente sarebbe stato Gramella, quel Garanzia Gramella, che alla sua prima stagione da partente era stato il miglior lanciatore dei Falcons. Sarebbe stata una gara delicata perché  più riprese avrebbe lanciato Gram, più freschi sarebbero stati gli altri lanciatori per gara 4, in cui avrebbero dovuto dividersi i tre inning che il giovane Alemae avrebbe obbligatoriamente dovuto lasciar loro (in una squadra è giusto che giochino un po’ tutti).
E Gramella, come sempre, fece il proprio compito, portò a casa la sua seconda vittoria in due apparizioni ai playoff. Con la schiena a pezzi e zoppicante (il fisioterapista gli aveva categoricamente intimato di non scendere in campo) lasciò il monte solo alla fine del nono inning, solo quando fu certo che i suoi compagni avReBBero fatto propria quella partita. Diede tutto quello che gli era rimasto, sicuro che quell’anno sarebbe stata la sua ultima apparizione. Ed alla fine, stremato dalla gara ma soddisfatto, intervistato da Klark Kent, giornalista del Daily Planet dichiarò: “Oggi ho dato fondo a tutte le mie energie, ho usato il mio caricamento singolo, il mio doppio caricamento, il mio triplo caricamento, il mio caricamento con esitazione, il mio non caricamento. Ho usato anche il mio sali-e-lancia, il mio sottomarino, il mio tiro di fianco, la mia schiva-mazza. Uno deve fare ciò che è capace di fare”. Anche gli avversari del Padule dovettero riconoscere l’indubbia superiorità di Gramella, in particolare il Sig. Cappuccini, a cui ancora girava la testa, confessò: “Tira la palla così tanto lontano dalla mazza e così tanto vicina al piatto come nessun altro in questa lega”. 
Non fu però così semplice, se il pitcher era stato pefecto così non si poteva dire del resto della squadra. Il problema fu lo stesso che li stava accompagnando già da diverse partite in quel finale di stagione: poche valide, mal distribuite e tanti uomini lasciati in base. Tipico match che doveva essere deciso da una singola giocata, da uno di quei giocatori che da soli potevano risolvere una partita, un napoletano come Maradona…ed i Falcons, che non si facevano mancare niente, avevano l’uomo giusto e, guarda caso, al posto giusto: Spino, l’inespressivo Spino. Simpatico personaggio il guaglione, in quel momento poteva essere allo Yankee Stadium come sul cesso di casa, frega un bel po’, tensione a zero. La sua teoria sulla battuta era di guardare la palla mentre arrivava e di colpirla. C’era però un problema non da poco: quando Spino si presentò nel box, la seconda base era occupata da Bacchini, e quando Bacchini era in base, la questione poteva esplodere in qualsiasi momento. Il Davez si preoccupò.
Si preoccupò anche il G.M. Marino, che sulla tribuna guardando i suoi due ragazzi, disse sconsolato ad un dirigente del Padule: “Vedi quel tizio nel box, è Spino, un ventenne. In dieci anni ha una buona possibilità di diventare una stella. Vedi quell’altro in seconda, è Bacchini, anche lui è ventenne. Se si gioca bene le sue carte, in dieci anni ha una buona possibilità di diventare trentenne”.
Invece, come al solito, i raga fecero il loro dovere, e quando i compagni si congratularono con Spino per il punto battuto a casa che era valso la vittoria, lui non sapeva neanche di cosa stessero parlando…stava già pensando all’occupazione della scuola la settimana successiva.
Gara tre archiviata, l’inerzia della serie era nelle loro mani, avrebbero giocato gara quattro belli tranquilloni. Il sacrificio del Messia Gramella aveva fatto sì che tutti i pitchers fossero ancora freschi e tonici e poi c’era Alemae, no prublem!!
…E se la fecero sparare nel c**o (n.d.r. licenza poetica).
Iniziarono bene la partita serale: primo attacco, quattro punti.
Andarono in difesa, primo attacco del Padule, sei punti. Tutti capirono che quella sera avrebbe vinto chi avesse battuto di più e più forte. Ma non era quello il modo di giocare dei Falcons, che quell’anno avevano vinto quando erano riusciti a tenere il punteggio basso, e, già al primo inning, c’erano troppi punti sul tabellone. La situazione peggiorò e i bambinoni cattivi del Padule ebbero modo di impostare la partita a modo loro. Neppure la solitamente arcigna difesa dei nostri eroi passò una bella serata, commettendo troppe disattenzioni e non riuscendo a giocare di squadra. Alla fine della serata il punteggio fu di 17 a 12 per i padroni di casa ed un ancora incredulo Davez dichiarò: “Abbiamo fatto troppi errori sbagliati”.  Sarebbe stata necessaria gara cinque per tentare di espugnare il territorio avversario, e per fortuna Alemae era ancora disponibile.
Come sempre avviene in queste situazioni, e come successo nella partita persa del week end precedente, ci fu gloria solo per un rookie: e quel giorno tocco a Lima Sorda. Lima Sorda (la cui voce nessuno aveva mai udito) era entrato a partita oramai compromessa per respirare anche lui il clima playoff; era un ragazzetto promettente che doveva ancora affinare un minimino di personalità per giocare da everyday player, ma che era indubbiamente sulla buona strada. Mentre stava ancora sgranocchiando sunflowers, il coach gli mise un caschetto in testa e lo sbattè nel box di battuta. Lui per non sapere nè leggere né scrivere, battè il primo lanciò che il pitcher avversario gli offrì, mettendo in campo una bella valida. Forte di quell’uno su uno, Lima Sorda, la mattina successiva decise di giocarsi il tutto per tutto (senza l’aiuto del pubblico) e soffiò il caraffone di caffè dal tavolo del veterano Marquero e, incredibilmente, ebbe salva la vita, cavandosela con un semplice rimbrotto (per sua fortuna allo stesso tavolo non sedeva il Sovraccarico Rossi, il terrore della Rookie league).
Come se la serata non fosse già stata sufficientemente infausta, dalla clinica mobile del Dott. Paolo Maestri arrivò la tegola che gettò tutti nello sconforto: Spino, tentando di imitare le gesta dell’uomo ragno, aveva rimediato uno stiramento ad una gamba e non avrebbe potuto essere della partita per l’ultimo match. Il Capitano Freny avrebbe dovuto ricevere per la terza volta in due giorni; era esausto ma certo che le fans, che li avevano seguiti fedelmente sino in terra Toscana, si sarebbero amorevolmente prese cura di lui e delle sue “membra” doloranti, quella stessa notte. Da parte sua Enzo, il padre di Spino che sempre lo aveva sostenuto, non perse tempo e lo rincuorò come solo lui sapeva fare: “Non puoi entrare nell’Hall of Fame se non zoppichi”; e Spino gli staccò un sorriso.
Quando ancora non si erano ripresi da quell’estenuante giornata, sugli stanchi Falcons si abbattè un’ulteriore tegola. Era oramai passata la mezzanotte quando il G.M. comunicò alla squadra che in quella losca cittadina non era stato possibile reperire un riparo per la notte degno del loro prestigio e che dunque aveva scelto di riportarli presso le loro dimore: ne scaturì quello che sempre verrà ricordato sotto il nome di “Il diverbio dell’Hotel”: ombre impazzite che vagavano nervosamente per il campo, fans urlanti, dirigenti incollati al telefono per rimediare al disguido, alcuni con carta di credito platinum in mano, altri che cominciavano a prepararsi un giaciglio nel dug out; delirio dei deliri. Ma alla fine tutto si risolse e si recarono esausti verso l’albergo cominciando a lanciare sguardi languidi verso le fans. Ma nulla di fatto…queste ultime non avevano alcuna intenzione di soggiacere agli istinti di coloro che avevano malamente perduto quella gara e non si concedettero ad alcuno (o quantomeno, non trapelarono mai indiscrezioni).
La giornata si concluse così, all’ombra di un frigo bar. 
Il giorno successivo, a pochi minuti dall’inizio dell’ultima battaglia, quando Simoni stava ancora ripetendo ai compagni “No, alla quinta partita!”, gli si avvicinò di soppiatto l’arbitro capo, che in gran segreto gli confidò: “Ragazzo, io sono uno di quegli arbitri che ne sbaglia una ogni tanto, quindi se è vicina farai meglio a darci”. Lì per lì Rukone non capì; solo verso il settimo inning, quando sarebbe stato colpito da un lancio del Sig. Cappuccini, avrebbe realizzato che tanto più vicina al corpo sarebbe stata lanciata la pallina, tanto più l’arbitro sarebbe stato portato a chiamarla strike. Tant’è…
Ora Davez si sentiva tutto il peso dell’eredità lasciatagli dal Landolfi, al momento di scegliere chi schierare come lanciatore partente per traghettare la partita al terzo inning quando Alemae (l’unico in grado di lanciare una pallina attraverso un auto lavaggio senza farla bagnare) avrebbe preso per mano la squadra… e quel giorno un inning sarebbe valso una stagione.
Si stava ancora arrovellando le cervella, quando Gramella, completamente avvolto in una borsa per il ghiaccio, si fece avanti e, con fare autoritario, scrisse il proprio nome nel roster da consegnare alla squadra avversaria…scrisse il proprio nome nella Leggenda.
Gram ancora una volta fece il proprio compito, e, nonostante i nove inning lanciati solo ventiquatrr’ore prima, al termine della terza ripresa uscì dal campo zoppicante e con un solo punto subito. Missione compiuta. E continuò dalla panchina ad incitare nervosamente i compagni per tentare di infonder loro la propria carica .
Alemae come aveva fatto tutto l’anno, fece la propria parte alla perfezione, anche la difesa fu pefecta, ma l’attacco non altrettanto. Al settimo inning col Samanello (che fu forse l’unico a dare un solido contributo in battuta) in terza e zero fuori, tutti dentro di sé pensarono: “La volata di sacrificio è la giocata più bella del baseball…rischi la media per metterti al servizio della squadra”…ma la volata non arrivò.
Alla fine ci furono reazioni diverse: chi imprecò, chi, deluso, disse che avrebbe preferito perdere tre partite di fila, chi non parlò affatto (Garagolla nelle due settimane successive non parlò neppure con i propri familiari), chi si allontanò e versò qualche lacrima.
In cuor loro però tutti i Falcons erano consapevoli di aver dato tutto quello che avevano, di aver speso ogni energia per un obiettivo comune, e di non aver  niente da rimproverarsi. In ogni sfida a volte si vince, a volte si perde, a volte piove…pazienza. Era stata una serie emozionante, cinque partite alla morte; i bookmaker, che li avevano dato perdenti 0 a 3 ci rimisero parecchio denaro, nessuno avrebbe pensato che la “squadra” sarebbe stata in grado di tener testa al Padule, formazione imbottita di fenomeni messi insieme per ammazzare il campionato. Invece era stato così.
Quell’anno erano stati pronti, scaltri, avevano fatto gruppo di fronte alle difficoltà, si erano sostenuti l’un l’altro…e lungo la via si erano fatti qualche risata. Tante strade forse si sarebbero divise, senza rimpianti né rancori, né rimproveri. Nulla era stato intentato, avevano vinto e perso insieme, c’erano state gioie e malinconie, e le avevano affrontate insieme (come insieme avevano affrontato e vinto la piaga della mononucleosi).
Una squadra ben assortita, con personalità diverse in cui tutti però avevano imparato a vedere le cose alla stessa maniera e a remare insieme. Questo era quello che li aveva resi vincenti e unici.
Fu per questo che sulla strada di casa ci furono ringraziamenti e applausi per tutti, e quelli che erano stati pianti, imprecazioni, e delusioni si trasformarono in grasse risate…era stata una stagione stupenda.

…ma nonostante ogni cosa fatta per costruire un gruppo, una mentalità, un’attitudine e quanto fatto per insegnare a tutti, dentro e fuori dai Falcons, il concetto di “squadra”, per tutto il tempo a venire sarebbe stato come se nessuno di noi fosse mai esistito…

THE END

“Il modo in cui la squadra gioca nel complesso ne determina il successo. Puoi avere il più grande branco di stelle del mondo, ma se non giocano insieme la franchigia non vale un soldo” (Babe Ruth)
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Assenzio
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Re: Profondo Baseball

Post by Assenzio »

                                                                      FALCONS SAGA
                                                                            Credits

Starring:
Bakken Francesco AKA Bacchini
Benvenuti Marco AKA Garagolla AKA Stupefacente Garagolla
Bernabè Gianni AKA Gianni
Botteghi Federico AKA Samanello AKA Tavernello AKA Bottegonone
Casadei Matteo AKA Lima Sorda
Cicchese Ivan AKA Ivano
Cinardi Lugi AKA Cino
Crociati Giancarlo AKA Presidentissimo Crociati
Forlazzini Armando AKA Amandi
Gabrielli Paolo AKA Gamba
Gattei Andrea AKA Gatto AKA Strafigo
Gramellini Matteo AKA Gramella AKA Garanzia Gramella AKA Messia Gramella AKA Gram
Landolphi Donald AKA Landolfi AKA Vecchio Signore
Maestri Alessandro AKA Alemae
Maestri Francesco AKA Freny AKA Capitano Freny
Maestri Paolo AKA Dott. Paolo Maestri
Marchetti Alessandro AKA Marquero AKA Vecchio Cane
Matteini Giacomo AKA Jackie
Mazza Alessandro AKA SadoMazza AKA NarcoMazza AKA Mr. No
Pulzetti Luca AKA Luchino
Rossi Stefano AKA Steve AKA Sovraccarico Rossi
Sartini Davide AKA Davez
Sartini Simone AKA Simoni AKA Rukone
Spinelli Giuseppe AKA Spino
Spinelli Vincenzo AKA Enzo
Tosi Marino AKA G.M. Marino
Zafferani Marco AKA Dj
Antonella Erica Federica Monica Simona AKA The Fans

Special Thanks to:
Luigi Cicchese
Paolo Maestri
Emanuela e Stefano Pulzetti
Vincenzo Spinelli
Donald Landolphi
The Fans
Gramellini parents (for the Tobacco)
Cupra Montana Baseball Club
Mononucleosi
Pasticconi vari
Red bull
Energade
Omino under armour
Espn
Pronto soccorso di Rimini (for the Drunk Ivan)
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bambinazo
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Re: Profondo Baseball

Post by bambinazo »

joesox wrote:Niente statistiche, niente SABR.
No ai membri dei Front Office delle franchigie...........

:lol2:

ahimè non ho storie dal vivo da raccontare, ma sarò un assiduo lettore, ci voleva un post così  :notworthy:

ho cominciato a seguire il baseball e i red sox proprio a metà di quella stagione (2004), Nomar era appena stato scambiato, non sapevo ancora niente di come funzionasse il mondo del baseball, chissà se con lui la maledizione avrebbe avuto fine..... per lui di certo una beffa, un sacrificio dovuto? solo la vittoria ha placato i tifosi
io mi sono innamorato del trio, Papi-Manny-Pedro, tifo red sox per loro, perchè loro sono dominicani, ho scoperto solo dopo che Pedro è Pedro, un lanciatore unico, Manny è Manny e poi Papi, un omone con quel faccione come può non starti simpatico? a meno di tifare yankees, quando ti sbatte fuori la palla nelle ACLS
Bellhorn, chi è costui? eppure è il primo seconda base di cui ho memoria nei red sox, anche lui in stato di grazia quell'anno
da allora il baseball mi è entrato dentro, durante la stagione ogni giorno la prima cosa che faccio davanti al pc è guardare i risultati, mi ricordo la mail di una mia amica, la mattina seguente gara 4 delle WS contro i cards, dentro c'era scritto "sei contento?" con sotto un'immagine dei sox esultanti.....
"bambinazo, minaccioso, coordinato, ho il piacere di vederlo al piatto ben cinque volte, osservandolo dalla prima o dalla seconda base. Ed ogni volta mi fa avanzare" (joesox)

non sapevate perdere, tantomeno saprete mai vincere

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Re: Profondo Baseball

Post by MAX »

Assenzio, sei tuttora un Falcon?

Un primo mio contributo, pure di baseball locale.

Marco: "Che ne dice, la vinciamo questa partita?"
Roberto, in dialetto bolognese: (pace alla sua anima): "E' più facile fare una pugnetta a una formica!"
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Re: Profondo Baseball

Post by Assenzio »

MAX wrote:Assenzio, sei tuttora un Falcon?



No, quella è stata l'ultima stagione. poi tre anni a san marino B, e da quest'anno a Pesaro
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Re: Profondo Baseball

Post by MAX »

Goog Will Hunting (Genio Ribelle), con Matt Damon e Robin Williams

                        WILL
           You don't regret meetin' your wife?

                        SEAN
           Why? Because of the pain I feel now?
           I have regrets Will, but I don't regret
           a singel day I spent with her.

                        WILL
           When did you know she was the one?

                        SEAN
           October 21, 1975. Game six of the
           World Series. Biggest game in Red Sox
           history, Me and my friends slept out
           on the sidewalk all night to get
           tickets. We were sitting in a bar
           waiting for the game to start and in
           walks this girl. What a game that
           was. Tie game in the bottom of the
           tenth inning, in steps Carlton Fisk,
           hit a long fly ball down the left
           field line. Thirty-five thousand fans
           on their feet, screamin' at the ball
           to stay fair. Fisk is runnin' up the
           baseline, wavin' at the ball like a
           madman. It hits the foul pole, home
           run. Thirty-five thousand people
           went crazy. And I wasn't one of them.

                        WILL
           Where were you?

                        SEAN
           I was havin' a drink with my future
           wife.

                        WILL
           You missed Pudge Fisk's homerun to
           have a drink with a woman you had never
           met?

                        SEAN
           That's right.

                        WILL
           So wait a minute. The Red Sox haven't
           won a World Series since nineteen
           eighteen, you slept out for tickets,
           games gonna start in twenty minutes,
           in walks a girl you never seen before,
           and you give your ticket away?

                        SEAN
           You should have seen this girl. She
           lit up the room.

                        WILL
           I don't care if Helen of Troy walked
           into that bar! That's game six of the
           World Series!
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Re: Profondo Baseball

Post by Jackson9 »

Assenzio,voglio stimolarti un po' ,benevolmente... :naughty:
Ti ricordi una partita che si doveva giocare per forza, in un campo che era un pantano con venti giocatori a spalare terrarossa e portare carriole fino a spaccarsi la schiena, prima di giocare la partita più importante della loro carriera?
Ti ricordi quelli della squadra avversaria ridere e fare palleggi davanti al loro dugout?
Quei muratori ,la partita che poi ne venne, se la ricorderanno tutta la vita e anch'io(non ho mai portato tante carriole di terra così volentieri...)poi il resto per la squadra è storia, l'unico trofeo importante vinto dalla società e un punto di ERA a quello che forse diventerà il più forte lanciatore Italiano di tutti i tempi!
Rimane sempre il dubbio...avesse aiutato anche l'altra squadra forse i muratori sarebbero scesi in campo meno incattiviti e la storia avrebbe preso una piega diversa...
Quando si è motivati anche le dritte a 90 mph possono sembrare dei meloni... :D
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Re: Profondo Baseball

Post by webba2000 »

Questa non ha bisogno di presentazioni:

I believe in the Church of Baseball. I've tried all the major religions, and most of the minor ones. I've worshipped Buddha, Allah, Brahma, Vishnu, Siva, trees, mushrooms, and Isadora Duncan. I know things. For instance, there are 108 beads in a Catholic rosary and there are 108 stitches in a baseball. When I heard that, I gave Jesus a chance. But it just didn't work out between us. The Lord laid too much guilt on me. I prefer metaphysics to theology. You see, there's no guilt in baseball, and it's never boring... which makes it like sex. There's never been a ballplayer slept with me who didn't have the best year of his career. Making love is like hitting a baseball: you just gotta relax and concentrate. Besides, I'd never sleep with a player hitting under .250... not unless he had a lot of RBIs and was a great glove man up the middle. You see, there's a certain amount of life wisdom I give these boys. I can expand their minds. Sometimes when I've got a ballplayer alone, I'll just read Emily Dickinson or Walt Whitman to him, and the guys are so sweet, they always stay and listen. 'Course, a guy'll listen to anything if he thinks it's foreplay. I make them feel confident, and they make me feel safe, and pretty. 'Course, what I give them lasts a lifetime; what they give me lasts 142 games. Sometimes it seems like a bad trade. But bad trades are part of baseball - now who can forget Frank Robinson for Milt Pappas, for God's sake? It's a long season and you gotta trust. I've tried 'em all, I really have, and the only church that truly feeds the soul, day in, day out, is the Church of Baseball.

:notworthy:
"That's a clown question, bro."
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Re: Profondo Baseball

Post by Assenzio »

Jackson9 wrote:Assenzio,voglio stimolarti un po' ,benevolmente... :naughty:


Mi ricordo che quello stesso anno abbiamo perso la finale di coppa Italia, quindi penso che ti riferisci a quello...ma sinceramente non ricordo la squadra.
Comunque ti assicuro che dopo aver perso una finale in gara 5, la voglia di giocare ti passa tutta...e ancora meno di fare il muratore.
Te l'assicuro...anche l'anno scorso ho perso la finale.
Comunque se Ale farà carriera chiunque abbia battuto valido contro di lui, magari potrà simpaticamente raccontarlo. Il nostro partente di allora ancora si vanta che Maestri era il "suo" rilievo.


edit: vedo che sei dirigente degli Athletics, quest'anno siamo in gironi diversi
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Re: Profondo Baseball

Post by Assenzio »

Jackson9 wrote:... a quello che forse diventerà il più forte lanciatore Italiano di tutti i tempi!


:papa: :papa:

ripeto...non portatemi sfiga che ne va della mia carriera di turista a scrocco...
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Re: Profondo Baseball

Post by Jackson9 »

E tu sei "speedy Gonzales" giusto?
Si ,siamo in gironi diversi, entrambi molto tosti,voi avete la corazzata Castenaso,noi la corazzata Verona, speriamo bene...
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