nefastto wrote:...la parte che fa del bene è ben lontana da questa "chiesa"...
Indubbiamente! Sfondi una porta aperta, spalancata.
Radiofreccia wrote:C'è un rapporto tra ideologia politica e modus operandi di un papa?
Secondo me c’è, ma dobbiamo fare chiarezza su cosa vuol dire politica. È sufficiente la tanto bistrattata wikipedia.
La prima definizione di "politica" (dal greco πολιτικος, politikós) risale ad Aristotele ed è legata al termine "polis", che in greco significa città, la comunità dei cittadini; secondo il filosofo, "politica" significava l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.
Altre definizioni, che si basano su aspetti peculiari della politica, sono state date da numerosi teorici: per Max Weber la politica non è che aspirazione al potere e monopolio legittimo dell'uso della forza; per David Easton essa è la allocazione di valori imperativi (cioè di decisioni) nell'ambito di una comunità; per Giovanni Sartori la politica è la sfera delle decisioni collettive sovrane.
Al di là delle definizioni, la politica in senso generale, riguardante "tutti" i soggetti facenti parte di una società, e non esclusivamente chi fa politica attiva, ovvero opera nelle strutture deputate a determinarla, la politica è l'occuparsi in qualche modo di come viene gestito lo stato o sue substrutture territoriali.
Sto ascoltando e leggendo molto in questi giorni - e mi scuso della lunghezza del post. I primi giorni, i primi momenti dopo l'elezione sono stati pieni di notizie, ma anche di confusione. Si stanno calmando le acque ed alcuni commenti assumono più valore di altri.
Il papa non segue un’ideologia politica. Il papa segue un messaggio, quello di Gesù di Nazareth. Messaggio che, seppur “purificato” nei primi secoli, è chiaramente espresso nel Vangelo. Un messaggio che neppure le Crociate, il Medioevo, l'Inquisizione, gli Orsini, i Colonna, sono riusciti a scalfire. Però nel frattempo hanno creato la Chiesa attuale.
Ma come dice nefastto c’è una chiesa lontana, forse più vera.
E c’è l’apparato, l’infrastruttura. La Curia romana, il Vaticano.
Il papa eredita tutto.
La "chiesa lontana" è sopravvissuta, per duemila anni. E sopravvive. E lo fa senza alcuna infrastruttura e nonostante gli ostacoli che la Curia romana le pone continuamente. Alcuni la chiamano chiesa di frontiera. Io preferisco chiamarla “chiesa fuori dal Tempio.”
La “chiesa fuori dal Tempio” è molto viva. (per inciso, visto che Bergoglio sembra essere un grande evangelizzatore, suggerisco a chi non sopporta il Vaticano, che provi ad avvicinarsi a questa chiesa fuori dal Tempio - ci sono in tutta Italia parrocchie guidate dai cosiddetti "preti di frontiera"). È viva. Penso alla teologia della liberazione. Il movimento ecclesiale e popolare sorto nel continente latino-americano negli anni sessanta (consiglio ecumenico di Medellin, 1968) che ha scaldato i cuori e sollecitato le menti di tanti campesinos. “Pastori teologi” che hanno saputo tradurre nella realtà degli ultimi, degli esclusi, dei reietti sociali, lo spirito e l’insegnamento evangelico. Preti che hanno coltivato e che continuano a coltivare esperienze di condivisione, di comunione ed anche di lotta. Che erano/sono schierati contro i latifondisti, contro le giunte militari, contro coloro che festeggiavano con lo champagne l’assassinio del vescovo Oscar Romero nel 1980 nelle ville sulle colline sopra San Salvador, contro le aggressioni omicide (Jon Sobrino, il teologo gesuita, fu l’unico superstite dell’attacco che uccise altri sei gesuiti e due donne nel 1989 ancora in El Salvador). Lotta non violenta, ben inteso, come in Honduras, in Guatemala, sulle Ande colombiane, in Chiapas, ed anche in Argentina. Furono tutte ispirazioni del Concilio Vaticano II. Concilio rivoluzionario, lanciato da quello che doveva essere – nelle menti dei cardinali che lo elessero – un papa di transizione, Giovanni XXIII. Il Papa Buono, ma il papa soprattutto rivoluzionario. Ma non possiamo mica chiamarlo così!
La “chiesa fuori dal Tempio” che molti denigrano. Perché?
Perché è una chiesa schierata, non neutrale; perché la neutralità, anche quella della Chiesa e dei preti è una finzione. Dicono: “È una chiesa di parte!”
Ma quale parte?
Dalla parte di chi nella vita fatica, soffre, è povero, è spogliato di diritti umani e di dignità. La Chiesa deve schierarsi. Non è questione di fare politica. È questo è il punto cruciale. È questione di vivere nella storia, di stare dentro alla storia e non solo dietro o davanti ad un altare per mezz’ora ogni domenica.
Gesù era schierato.
Chiesa intesa come comunità di fede. Una Chiesa umile e forte della forza dello spirito, povera (penso a San Francesco d’Assisi - il nome del papa!), essenziale, sobria, pluralista, libera dai titoli nobiliari (Eminenza, Eccellenza, Monsignore), una Chiesa che nelle celebrazioni non esibisce una solennità fine a se stessa, la Chiesa dei martiri e dei profeti che non ha paura della verità. Appunto chiesa fuori dal Tempio. E quindi forse pericolosa per alcuni. Invece non è pericolosa, ma profetica. Non è politica, ma evangelica. Non è autoreferenziale, ma sobria, semplice.
Madre Teresa di Calcutta non era pericolosa. Lei era vicinissima ai poveri, ai lebbrosi, agli ultimi, ma forse non si è mai chiesta il perché della loro condizione. È una santa, non mi sento assolutamente degno di criticarla. Ma secondo me il collegamento è oggi indispensabile: perché c’è la povertà? E la Chiesa (tutta) deve farlo. Chi sono i veri peccatori oggi? Gli omosessuali o i banchieri che impoveriscono il popolo?
Come è stato possibile - e questo è un altro punto fondamentale - a partire da Gesù di Nazareth, costruire nella storia un apparato religioso di potere e di sacralità che solo in modo vago, intermittente, sfuocato e distorto si riferisce a lui, di fatto oscurando e tradendo la sua persona e il suo messaggio rivoluzionario, nel senso più profondo e completo della parola?
Com’è possibile che coesistano altri dei in una sorta di politeismo e di drammatico relativismo proprio riguardo a Dio: il Dio dei potenti e quello dei poveri, il Dio dei razzisti (la Lega che difende il crocifisso ma disprezza il meridionale e l’immigrato) e quello degli accoglienti, il Dio dei mafiosi e quello di coloro che vengono uccisi dalle mafie. A quale Dio ci si riferisce? A quel “Gott mit uns” che i soldati nazisti avevano scritto sui cinturoni? Non credo proprio! A quel “In God we trust” piazzato sulla schiena di George Washington sulla banconota da un dollaro? Non credo proprio!
Chiaro, nessuno si può appropriare di Dio. Ma è altrettanto chiaro, secondo me, da quale parte Dio certamente non sta.
Una “chiesa fuori dal Tempio” quindi isolata? Persa? Senza una struttura? Anarchica? Non credo proprio.
Pur nella difficoltà di farsi sentire in mezzo alla risonanza mediatica delle dichiarazioni della chiesa ufficiale, questa chiesa è viva. Tanti sacerdoti, missionari, teologi sparsi per il mondo. Tante parrocchie anche in Italia dove prima di tutto viene l’accoglienza. Perché la Chiesa deve sempre includere, mai escludere.
Le regole ed una struttura devono esistere, ma non possono venire prima dell'uomo.
Utopia?
Da cardinale, Jorge Maria Bergoglio, si è già espresso su alcuni temi.
Per il cardinale Bergoglio, che rifiuta l'auto blu e gira per Buenos Aires in autobus e metropolitana, la povertà è un «delitto sociale», anzi una «violazione dei diritti umani», perché le «grandi diseguaglianze» nascono dalla «estrema povertà e da condizioni economiche ingiuste»: da arcivescovo di Buenos Aires ha sempre affermato che «Cristo si cerca tra i poveri». Quindi un papa Francesco ricco e carico di ori sarebbe un intollerabile controsenso.
Bergoglio, si sa, è sempre stato lontano dalla Teologia della Liberazione nata a Medellin, in Colombia, nel 1968. Ma è anche durissimo con il capitalismo esasperato: «La crisi economico-sociale e il conseguente aumento della povertà ha le sue radici in politiche ispirate da certe forme del neoliberalismo che considerano i guadagni e le leggi del mercato come parametri assoluti, a danno delle persone e dei popoli», un sistema che «non ha remore a trasformare in disoccupati milioni di lavoratori».
In quanto alla mafia, in una famosa messa per le vittime della tratta di esseri umani alla stazione ferroviaria di Constitución gridò che Buenos Aires era diventata «una fabbrica di schiavi, un tritacarne», accusando «i signori della mafia che non prestano mai il volto e salvano sempre la pelle, forse per quella ricetta così nostra che si chiama tangente».
Anche altri papi si sono espressi così in passato. Ricordo la famosa messa di Giovanni Paolo II ad Agrigento sulla civiltà della morte. Ma bisogna insistere.
Ed in questi giorni le parole di Adolfo Pérez Esquivel e quelle di Leonardo Boff, seppur diverse, hanno aperto dimensioni inaspettate.
Boff in particolare ha mostrato ottimismo e speranza. La chiesa lontana forse è oggi molto più vicina.
Se papa Francesco si avvicinasse a questa chiesa, se facesse sua questa chiesa lontana sarebbe il papa più profetico della storia.
E mi pare che abbia iniziato molto bene. Sono molto più ottimista di una settimana fa.
Immagino che anche i cardinali, quelli conservatori, quelli nominati da Ratzinger e Wojtyla, abbiano compreso che dovevano scegliere un papa che sapesse uscire dal Tempio.