Re: Quanto tempo per i grandi vecchi dall' HS?

[putrido]

http://insider.espn.go.com/nba/insider/columns/story?columnist=ford_chad&page=KobeWorth-071106&lpos=spotlight&lid=tab1pos1&action=login&appRedirect=http%3a%2f%2finsider.espn.go.com%2fnba%2finsider%2fcolumns%2fstory%3fcolumnist%3dford_chad%26page%3dKobeWorth-071106%26lpos%3dspotlight%26lid%3dtab1pos1

Nell'articolo si parla come al solito della telenovela kobe Bryant e si parla di un altro punto interrogativo che affligge le squadre che vorrebbero portarselo a casa: Kobe ancora non ha raggiunto i 30 anni, ma è già in doppia cifra a livello di stagioni giocate e fra play-off e regular season i suoi minuti sul parquet sono stati oltre 36000. A questo punto la domanda che ci si pone è quante stagioni ha ancora Bryant nelle gambe.

Questa generazione di High schooler (Bryant,Garnett, McGrady...) può pensare di giocare ad un certo livello fino ai 35-36 anni come succede per i grandi campioni che hanno fatto almeno un paio di anni di college o sono destinati a sfiorire prima?

E se il kilometraggio di un giocatore non dipende dalla sua età all'ingresso nella lega, ma semplicemente dal numero di stagioni, fino a che punto si possono dire azzeccate le scelte in sede di draft nel preferire prospetti più giovani al posto di gente con qualche anno in più ma già pronta a dare un contributo?

[Thug Lord]

Secondo me la longevità di un giocatore dipende da molti fattori, ma tenderei ad escludere il salto diretto dalla HS da quelli principali che IMHO sono:
-la struttura fisica:riallacciandomi a un discorso recente di Dan Peterson su basketnet(eh si, qui ha ragione per me) i giocatori con fisico  tendenzialmente asciutto, non grassi e non troppo pompati durano di più. Al contrario gli altri(che guarda caso sono anche quelli che entrano in condizione più tardi) durano meno, il corpo si usura di più. I giocatori troppo alti(bradley, podkozkine , yao)hanno statisticamente problemi alle ossa.
-la tecnica&intelligenza cestistica:inutile dire che un giocatore con grande tecnica e QI corre meno degli altri, corre meglio(perchè non corre a vuoto), e magari tende a far correre la palla. Quando poi le gambe iniziano a cedere, la testa sarà al top e la mano sempre funzionante.
-L'etica lavorativa:allenamenti costanti(anche d'estate) e corretti, giusta alimentazione, e svaghi che non pesano sulle ore di sonno



Per questi motivi credo che Kobe e KG(che tra l'altro potremmo definire come i massimi esponenti di questi 3 punti), potranno arrivare anche ai 40 anni.
T-Mac no, perchè ha avuto tanti problemi, e non credo neanche LBJ che alla lunga potrebbe pagare la struttura da carro armato.

[Ciombe]

Dan Peterson ha detto una cosa sacrosanta, che spiega ad esempio come faccia Mario Boni a 45 anni suonati ad avere ancora la freschezza atletica di un 25enne e come Myers a 35 anni, sia mezzo incriccato anche per fare footing.
La struttura fisica è determinante, così come anche il lavoro fisico e l'intelligenza del giocatore in questione.

Se un giocatore vive solo di fisico, atletismo, balzi e fisicità, a 32/33 anni che abbia fatto o no il college è quasi finito.
Giocatori che usano il cervello, che si allenano costantemente, padroni della tecnica ecc.. possono anche essere arrivati direttamente dalle HS, ma possono durare anche a 40 anni, come Duncan o KG o Kobe o Dirk, o anche Nash (benchè molto lo diano per finito tra 2/3 anni, io credo che possa arrivare con la solita verve anche ai 38/39 anni).

[Red]

Dikembe Mutombo, Sam Cassell, Zo Mourning, Robert Horry... questi i nomi di alcuni dei più longevi giocatori della NBA.
Fisicamente e tecnicamente sono molto diversi. Secondo me, ciò che li unisce è l'etica del lavoro e la carica agonistica.
Questi fattori incidono sulla longevità come le attitudioni fisiche...

[X-MAN]

allenamento, disciplina sportiva e anche  tanto culo...sono gli infortuni che più o meno gravi lentamente devastano il fisico...

[DocJ]

Il fattore "C" è sempre determinante e sicuramente grandi talenti e potenziali altri sono stati stroncati da infortuni, così come altri sono costretti a giocare poco e comunque sempre sotto una pesante spada di Damocle (McGrady, Hill).
Contro queste circostanze poco si può. In tutti gli altri casi sono determinati i fattori di etica del lavoro e serietà professionale.
Si vede, così, che i mostri di lonegvità sono atleti con la A maiuscola che, pur senza eccellere, sul piano tecnico, trovano sempre le motivazioni giuste per allenarsi con continuità e scendere in campo, spesso dalla panchina, per pochi minuti di qualità assoluta. Pensiamo a PJ Brown con Chicago l'anno scorso.
Quest'anno c'era la fila per aggiudicarsi le sue prestazioni...